Eolo concepì Eolia in una notte di tempesta. Non aveva amiche o amici, e passava le sue giornate sola soletta a escogitare tranelli di ogni genere alla famiglia. Finché un giorno Eolia incontrò, dietro una siepe, un pastorello dall’aria gentile, che non era altri che il dio Mercurio in una delle sue molteplici forme. Le porse un cofanetto magico. Grazie a quel cofanetto, ora consapevole della propria bellezza e dell’eccezionale fragranza che la avvolgeva, Eolia abbandonò il suo carattere scontroso e da quel momento fu la più bella, profumata e desiderata fanciulla del regno. La favola finisce così ma non si sa come e perché, il foglietto del cofanetto magico svolazzò per le isole per anni e secoli finché una signora lo raccolse e seguì le istruzioni creando uno dei migliori profumi del mondo.
E lo chiamò Eolia.
Eolo aveva dodici figli, sei maschi e sei femmine. Praticamente una squadra di calcio più l’allenatore. I sei maschi erano bellissimi, giovani gagliardi con i capelli spettinati per via del vento che tirava a palazzo, e che il loro padre spediva qua e là fra le sette isole senza preavviso. Anche le sei femmine erano sempre spettinate, finché un’ancella di corte inventò la coda di cavallo: da quel momento le ragazze giravano per il palazzo reale in ordine perfetto, pettinate e vestite magnificamente come si conviene alle principesse. Tutti i maschietti le ammiravano e le corteggiavano lodandole per la loro bellezza e la loro intelligenza. Fuorché una.
Anche i re commettono qualche errore, come insegna la storia: Eolo concepì Eolia in una notte di tempesta, in cui si era dimenticato di rinchiudere i venti nella solita grotta di Filicudi. Uno di quei venti era talmente forte e sgarbato che entrò nel talamo regale e lo rovesciò sul più bello, confondendo re e regina che si ritrovarono stesi per terra senza capire cosa fosse accaduto. Ma Eolo era pur sempre il re e padrone dei venti: richiamò subito quel vento indisciplinato e lo rispedì con un ceffone regale nella grotta. La nottata diventò di nuovo calma, ma ormai il danno era fatto.
Dopo nove mesi nacque Eolia. Sembrava molto simile alle sue sorelle, ma durante l’infanzia e l’adolescenza cominciò a manifestare il suo brutto carattere in ogni momento della giornata: tirava i capelli a sorelle e fratelli, faceva loro lo sgambetto quando passavano, metteva il sale al posto dello zucchero, insomma ne combinava di tutti i colori. Era anche bruttina, oltre che antipatica: diciamo volutamente sgraziata. Per questo non aveva amiche o amici, e passava le sue giornate sola soletta a escogitare tranelli di ogni genere alla famiglia. Ma un giorno esagerò, quando nascose una salamandra nella barba di papà Eolo: il re si arrabbiò moltissimo e cacciò Eolia dal palazzo.
La ragazza si ritrovò così a vagare nelle campagne, nutrendosi di quello che trovava in giro, rubacchiando la frutta ai contadini e dormendo nei palmenti vuoti fino alla vendemmia di settembre. Non è che fosse proprio una bellezza, il suo caratteraccio era peggiorato da quando era stata cacciata dal palazzo e i ragazzini, quando la vedevano girare per i sentieri delle isole, le tiravano i sassi e le facevano marameo.
L’esilio durava ormai da qualche mese, quando Eolia incontrò, dietro una siepe di fichi d’india, un pastorello dall’aria gentile. "Chi sei?" le chiese il pastorello dall’aria gentile. "Eolia sugnu, 'a fìgghia d'u re" rispose sgarbata la ragazza. "E com’è che te ne vai pèdi pèdi accussì combinata?" "E pecché, che c’è che non va in me?" "Puzzi come una delle mie capre" rispose il pastorello dall’aria gentile. "Come ti permetti?! Io sono la figlia del re!" "Che ti ha cacciato di casa, lo sanno tutti. Dammi retta, fai quello che ti dico" replicò il pastorello dall’aria gentile. "Ma nemmeno per sogno!" rispose caparbia Eolia. "Guarda che ti conviene" insistette il pastorello dall’aria gentile. "E che cavolo ci guadagno?" chiese Eolia sempre più sgarbata. "Prova e vedrai."
Il pastorello dall’aria gentile, che non era altri che il dio Mercurio in una delle sue molteplici forme, le porse un cofanetto magico, uno di quelli che portava sempre con sé per la legge del "Non si sa mai chi ti capita davanti." "Lì c’è un grande catino dove faccio bere le mie capre e le mie pecore" disse. "Datti una lavata e infilati quella tunichetta bianca che c’è nel cofanetto. Ma prima prendi quelle cose che trovi sotto la tunichetta, c’è anche un biglietto con le istruzioni. Seguile e cospargiti il corpo con quelle essenze magiche. Poi vestiti e torna al palazzo."
Tornare al Palazzo? Con il papà Eolo ancora arrabbiato per via della salamandra nella barba?
Eolia, indispettita, aprì il cofanetto che conteneva una bellissima tunica di seta intarsiata d’argento, fiori, ambra e delle misteriose palline di un unguento che annusò, trovandole irresistibili. Seguendo il consiglio del biglietto con le istruzioni, sotto lo sguardo compiaciuto e anche un po’ malizioso del pastorello dall’aria gentile, mescolò, strofinò, cosparse, insomma ogni centimetro della sua pelle bianca come la pomice acquistò di colpo un profumo mai sentito prima. Eolia indossò la tunica e si specchiò incredula nel catino, trovandosi bellissima e profumatissima.
Verso sera tornò al palazzo di re Eolo, che quando la vide così bella e tranquilla l’abbracciò teneramente, dicendole: "Fìgghia mia, a 'st’ura t’arricugghisti? Io e tua madre eravamo in pensiero… Ti vedo cambiata, però: che ti è successo? Hai addosso un profumo meraviglioso, un fantastico concentrato delle fragranze di tutte e sette le isole che, modestamente, portano il mio nome. Dove l’hai preso?" "Ho incontrato un pastorello dall’aria gentile, che…" "Ho capito! Sempre quel vagabondo di Mercurio… Beh, uno di questi giorni devo ringraziarlo. Ma adesso chiamo i tuoi fratelli e le tue sorelle, e stasera daremo una grande festa per il tuo ritorno."
E così fu: si intrecciarono danze e corteggiamenti, i musici espressero ai massimi livelli la loro arte, e la reggia risuonò di canti e risate per tutta la notte. Eolia, consapevole della propria nuova bellezza e dell’eccezionale fragranza che la avvolgeva, abbandonò il suo carattere scontroso e da quel momento fu la fanciulla più bella, profumata e desiderata del regno.
La favola finisce qui, ma non si sa come e perché, il foglietto del cofanetto magico svolazzò per le isole per anni e secoli, evitò le tempeste e le onde altissime del mare, il furore dei venti finché fu raccolto, neanche a farlo apposta, da una certa signora di Napoli, che seguì le istruzioni creando così uno dei migliori profumi del mondo. E lo chiamò Eolia.